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LA FEDE E IL SIMBOLO (S.Agostino)


Enunciazione dell'argomento.
1. 1. È stato scritto ed è stato confermato dalla saldissima autorità dell'insegnamento apostolico che il giusto vivrà in virtù della fede 1. Tale fede richiede da parte nostra l'impegno conforme sia del cuore che della lingua. L'Apostolo infatti dice: Con il cuore si crede per ottenere giustizia, con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza 2. Occorre pertanto che ci ricordiamo sia della giustizia sia della salvezza. Dal momento che siamo destinati a regnare in una giustizia eterna, non riusciamo ad essere immuni dalla malizia dell'età presente se non ci adoperiamo anche per la salvezza del prossimo, professando con la bocca la fede che coltiviamo con il cuore. Dobbiamo provvedere con pia e prudente vigilanza perché tale fede non ci venga intaccata in qualche punto dalle ingannatrici sottigliezze degli eretici. Per questo la fede cattolica è fatta conoscere ai fedeli per mezzo del Simbolo, ed è affidata alla loro memoria, per quanto la materia lo consenta, in un testo molto breve. In tal modo i principianti e i lattanti, cioè coloro che sono rinati da poco in Cristo e che non sono ancora fortificati da una frequentazione assidua e spirituale delle Sacre Scritture e dalla loro conoscenza, sono posti in condizione di credere, con l'aiuto di poche formule, ciò che dovrà poi essere loro esposto con ampi discorsi mano a mano che progrediranno e si disporranno a comprendere la dottrina divina sulla solida base dell'umiltà e della carità. La maggior parte degli eretici, dunque, hanno cercato di nascondere il loro veleno sotto le stesse brevi formule contenute nel Simbolo; ma ai loro tentativi la divina misericordia ha resistito e resiste mediante l'opera di uomini spirituali 3, i quali si sono resi meritevoli non solo di ricevere e di credere alla fede cattolica espressa in quelle formule, ma anche, grazie alla rivelazione di Dio, di comprenderla e di conoscerla. È stato scritto infatti: Se non crederete, non comprenderete 4. Dunque, la chiarificazione della fede serve a difendere il Simbolo, però non nel senso che essa, per il fatto che deve essere appresa e mandata a memoria, sia destinata a prendere il posto del Simbolo in coloro che ricevono la grazia di Dio, ma nel senso che possa custodire le verità contenute nel Simbolo contro le insidie degli eretici con l'autorità della Chiesa cattolica e con una difesa più solida.
Dio Padre onnipotente.
2. 2. Alcuni, infatti, hanno cercato di persuadere che Dio Padre non è onnipotente; non perché hanno osato affermarlo apertamente, ma perché nel loro insegnamento lasciano ritenere che così pensino e così credano. Quando, infatti, sostengono l'esistenza di una realtà che Dio onnipotente non avrebbe creato, dalla quale tuttavia avrebbe formato questo mondo, a cui concedono che sia magnificamente ordinato, finiscono con il negare l'onnipotenza di Dio al punto di escludere che abbia potuto creare il mondo se, per formarlo, si fosse servito di un'altra realtà che esisteva già e che egli non aveva creato. In ciò naturalmente si adeguano all'abitudine carnale di vedere i manovali, i muratori e gli operai di ogni genere, i quali non possono rendere operativa la loro arte senza l'aiuto di materiali già pronti. Così pensano che il creatore del mondo non sia onnipotente, dal momento che non avrebbe potuto creare il mondo, se non fosse ricorso, come materia, ad una realtà da lui non creata. D'altro canto però, se concedono che Dio onnipotente è l'artefice del mondo, devono necessariamente ammettere che ha fatto dal nulla ciò che ha creato. Infatti, dato che è onnipotente, non ci può essere nulla di cui non sia stato creatore. Poiché, anche se ha fatto qualcosa da qualcos'altro, come è il caso dell'uomo dal fango, non lo ha assolutamente fatto da ciò che egli stesso non aveva creato, perché la terra da cui proviene il fango l'aveva creata dal nulla. E se avesse fatto il cielo stesso e la terra, vale a dire l'universo con ciò che ne fa parte, ricavandolo da qualche materia, come sta scritto: Tu che hai fatto il mondo da una materia invisibile 5 oppure " informe ", come riportano alcuni manoscritti, in nessun modo si deve credere che quella stessa materia, da cui è stato tratto il mondo, anche se informe, anche se invisibile e di quale che fosse la sua natura, abbia potuto essere per se stessa, come se fosse coeterna e coesistente con Dio. Al contrario, la sua natura, quale che fosse la condizione in cui si trovava per poter essere in qualunque modo e poter assumere forme di cose ben distinte, l'aveva solo in quanto ricevuta da Dio onnipotente, grazie al quale esiste non solo ogni cosa che è formata, ma anche ogni cosa che può divenire tale. Tra ciò che è formato e ciò che può divenire tale c'è questa differenza, che quello formato ha già ricevuto una forma e quello che può divenire tale invece può riceverla. Ma colui che garantisce alle cose la loro forma è lo stesso che garantisce loro la possibilità di essere formate, poiché da lui procede e in lui risiede la forma bellissima ed immutabile di tutti gli esseri. Per questo, appunto, egli è l'unico che consente a qualsiasi cosa non soltanto di essere bella, ma anche di poter essere tale. Di conseguenza, a pieno diritto noi crediamo che Dio ha creato tutte le cose dal nulla, poiché, anche se il mondo è stato tratto da qualche materia, questa stessa materia è stata creata dal nulla, in modo che, per un dono perfettamente ordinato di Dio, dapprima essa divenisse capace di ricevere le forme e poi fossero formate tutte le cose che furono formate. Abbiamo detto ciò perché nessuno pensi che le sentenze delle divine Scritture siano tra loro in contraddizione, poiché vi è scritto sia che Dio ha creato tutte le cose dal nulla sia che il mondo è stato tratto da una materia informe.
Il Verbo di Dio.
2. 3. Dunque, in quanto crediamo in Dio Padre onnipotente, dobbiamo pensare che non esiste nessuna creatura che non sia stata creata dall'Onnipotente. Ora, Dio ha creato tutte le cose per mezzo del Verbo, e il Verbo è chiamato anche Verità 6, Potenza e Sapienza di Dio 7. È chiamato con molti altri nomi, che fanno pensare che il Signore Gesù Cristo, cioè il nostro liberatore e guida, che è proposto alla nostra fede, è il Figlio di Dio. Infatti, quel Verbo per mezzo del quale tutte le cose sono state create, non l'avrebbe potuto generare se non colui che ha creato tutte le cose per mezzo suo.
3. 3. Noi crediamo anche in Gesù Cristo, Figlio unigenito di Dio Padre, cioè Figlio unico, nostro Signore. Non dobbiamo tuttavia intendere tale Verbo alla maniera delle nostre parole, le quali, una volta proferite dalla nostra bocca mediante la voce, passano attraverso l'aria percuotendola e non permangono più a lungo del tempo in cui risuonano. Quel Verbo invece rimane sempre, senza mutare : di lui infatti, allorché si parlava della Sapienza, fu detto: Pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova 8. D'altra parte però è detto Verbo del Padre perché il Padre si manifesta mediante lui. Come dunque noi, con le nostre parole, facciamo in modo che, quando diciamo qualcosa di vero, il nostro animo si manifesti a chi ci ascolta e qualunque segreto nascondiamo nel nostro cuore, mediante tali segni, sia portato alla conoscenza altrui, così quella Sapienza che Dio Padre ha generato, poiché per mezzo suo vengono rivelati alle anime che ne sono degne i segreti più intimi del Padre, in modo del tutto appropriato è chiamata il suo Verbo.
Il Verbo è della stessa sostanza del Padre.
3. 4. C'è comunque una grandissima differenza tra il nostro animo e le parole mediante le quali cerchiamo di mostrare l'animo stesso. Invero noi non generiamo le parole che risuonano, ma le proferiamo e nel far ciò il corpo funge da strumento. Ora, c'è una grandissima differenza tra l'anima e il corpo: Dio invece, nel generare il Verbo, generò quello che è egli stesso, e non già dal nulla o da qualche materia già creata e costituita, ma generò da se stesso quello che è egli stesso. E questo è quanto anche noi cerchiamo di fare quando parliamo, se consideriamo attentamente l'inclinazione della nostra volontà; però non quando mentiamo, ma quando diciamo il vero. A che altro, infatti, aspiriamo se non a trasferire la nostra stessa anima, se fosse possibile, nell'anima di chi ci ascolta perché la conosca e la osservi bene, cioè a far sì che, pur rimanendo in noi stessi e senza distaccarci da noi stessi, tuttavia forniamo un indizio tale per cui l'altro faccia la nostra conoscenza e, per quanto ci è consentito, dalla nostra anima sia prodotta, per così dire, un'altra anima con la quale si riveli? Facciamo ciò adoperandoci con le parole, con il suono stesso della voce, con l'espressione del volto e con i gesti del corpo; sono tanti, infatti, gli espedienti ai quali ricorriamo quando desideriamo mostrare ciò che è dentro di noi. Ma poiché non siamo in grado di produrre un tale effetto, e quindi l'animo di chi parla non riesce a farsi conoscere completamente, per questo in noi resta aperta la porta perfino alle menzogne. Dio Padre invece, che voleva e poteva mostrarsi in tutta la sua verità alle anime destinate a conoscerlo, per mostrare se stesso generò un essere che fosse identico a se stesso: e questo essere viene anche chiamato la sua Potenza e Sapienza, perché è per mezzo di Lui che ha fatto e disposto tutte le cose. È per questo che di Lui si dice: Si estende da un confine all'altro con forza, e governa con soavità tutte le cose 9.
Il Figlio di Dio non è fatto dal Padre e neppure è diseguale da lui. Dio creò tutte le cose per mezzo del Verbo.
4. 5. E quindi il Figlio unigenito di Dio non è stato fatto dal Padre, perché, come dice l'Evangelista: Tutto è stato fatto per mezzo di lui10; neppure è stato generato nel tempo perché, essendo eternamente sapiente, Dio ha con sé eternamente la sua sapienza; e neppure è diseguale dal Padre, cioè inferiore a Lui in qualche cosa, poiché anche l'Apostolo afferma: Pur essendo di natura divina, non pensò che fosse un'usurpazione l'essere uguale a Dio 11. Da questa fede cattolica pertanto sono esclusi anche coloro che dicono che il Figlio è il medesimo del Padre. Essi non tengono presente il fatto che il Verbo non potrebbe essere presso Dio 12 se non fosse presso Dio Padre: chi è solo, infatti, non è uguale a nessuno. Sono esclusi anche coloro che dicono che il Figlio è una creatura, sebbene non come le altre. Per quanto eminente concepiscano questa creatura, se è una creatura, è stata prodotta e fatta. Produrre, infatti, è la medesima cosa che creare; sebbene nell'uso della lingua latina si adoperi talora creare per generare, invece non è così in quella greca, in cui essi sono distinti. Noi latini, infatti, chiamiamo creatura quella che i greci chiamano  (essere creato) o  (creazione) e, quando vogliamo esprimerci in modo chiaro, non diciamo " creare " ma " produrre ". Se dunque il Figlio è una creatura, per quanto eminente sia, è stato fatto. Noi, invece, crediamo in colui per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte e non in colui per mezzo del quale sono state fatte le altre cose: in questo caso, infatti, non possiamo prendere " tutte le cose " in un senso diverso da quello di " qualunque cosa che è stata fatta ".
Della via dell'umiltà il Redentore si è fatto modello.
4. 6. Ma poiché il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi 13, la stessa Sapienza, che è stata generata da Dio, si è degnata anche di farsi uomo tra gli uomini. A questo evento si riferisce quella famosa sentenza: Il Signore mi ha creato all'inizio delle sue vie 14. L'inizio delle sue vie, infatti, è il capo stesso della Chiesa, cioè Cristo, che si è rivestito di umanità perché, attraverso Lui, ci fosse dato un modello per la nostra vita: questo modello è la via sicura per giungere a Dio. Noi, infatti, non potevamo farvi ritorno che attraverso l'umiltà, dal momento che eravamo caduti a causa della superbia, come era stato detto ai nostri progenitori. Mangiate [il frutto] e sarete come dèi 15. Di questa umiltà, cioè della via attraverso la quale avremmo dovuto ritornare, il nostro stesso Redentore si degnò di mostrarci l'esempio in se stesso, lui che non pensò che fosse un'usurpazione l'essere uguale a Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo 16, al punto che fu fatto uomo all'inizio delle sue vie, Lui, il Verbo, per mezzo del quale tutte le cose furono fatte. Per la qual cosa, in quanto è unigenito, non ha fratelli; invece, in quanto è primogenito, si è degnato di chiamare fratelli tutti coloro che, in seguito e in virtù della sua primogenitura, rinascono nella grazia di Dio che li adotta come figli 17, come dà in custodia l'insegnamento apostolico 18. Così il Figlio è, per sua natura, l'unico nato dalla stessa sostanza del Padre, che è quello che è il Padre: Dio da Dio, Luce da Luce. Noi invece non siamo luce per natura, ma siamo illuminati da questa luce perché possiamo risplendere di sapienza. Egli era, dice l'Apostolo, la vera luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo 19. Alla fede nelle realtà eterne, perciò, noi aggiungiamo anche la vita e l'azione temporale che nostro Signore si è degnato di sostenere per noi e di portare a compimento per la nostra salvezza. Infatti, per quello che è, in quanto è unico Figlio di Dio, di Lui non si può dire: Egli fu, oppure: Egli sarà, ma soltanto: Egli è; poiché ciò che è stato ormai non è più e ciò che sarà ancora non è. Egli pertanto è immutabile, senza origine o variazione nel tempo. Del resto, penso che non abbia altra provenienza il fatto che suggerì tale nome a Mosè suo servitore. Infatti, quando gli chiedeva da chi dovesse dire che era mandato, qualora il popolo al quale era inviato lo accogliesse con disprezzo, ricevette questa risposta da colui che gli stava parlando: Io sono colui che sono; quindi aggiunse: Questo dirai ai figli di Israele: Colui che è mi ha inviato a voi 20.
Dio solo è immutabile.
4. 7. Da ciò, confido, ormai apparirà ben chiaro alle anime spirituali che nessuna natura può essere contraria a Dio. Se infatti egli è, e questa parola si può dire in modo appropriato soltanto di Dio, egli non ha nulla che gli sia contrario. Infatti ciò che veramente è, resta tale in modo immutabile, poiché ciò che è suscettibile di mutamento è stato qualcosa che non è più e in seguito sarà ciò che ancora non è. Se, appunto, ci venisse chiesto che cosa sia contrario al bianco, risponderemmo: il nero; se ci venisse chiesto che cosa sia contrario al caldo, risponderemmo: il freddo; se ci venisse chiesto che cosa sia contrario a ciò che è veloce, risponderemmo: ciò che è lento, e così per qualunque cosa. Ma, se ci viene chiesto che cosa sia contrario a colui che è, la risposta corretta è: ciò che non è.
L'incarnazione del Verbo.
4. 8. Ma, come ho già detto, in virtù della bontà di Dio, la nostra natura, soggetta a mutamenti, fu assunta dalla Sapienza immutabile di Dio, mediante una missione temporale, per la nostra salvezza e redenzione. Per questo noi aggiungiamo la fede negli atti salvifici compiuti per noi durante la vita terrena, credendo nel Figlio di Dio che è nato dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo. Per il dono di Dio, cioè per lo Spirito Santo, infatti ci è stata elargita un'umiltà così grande da parte di un Dio così grande, al punto che si è degnato di assumere tutta intera la natura umana nel seno della Vergine: egli dimorò nel corpo materno conservandolo intatto; ne uscì lasciandolo incontaminato. A questa sua missione temporale gli eretici tendono insidie in molti modi. Ma colui che si rimetterà alla fede cattolica in modo da credere che la natura umana tutta intera - vale a dire corpo, anima e spirito - è stata assunta dal Verbo di Dio, sarà abbastanza premunito contro di loro. Dal momento infatti che questa assunzione fu compiuta per la nostra salvezza, bisogna guardarsi dal pensare, qualora si credesse che qualche aspetto della nostra natura non sia incluso in questa assunzione, che non rientri nella nostra salvezza. Ora l'uomo, all'infuori della disposizione delle membra, che è assegnata in modo diverso alle diverse specie di esseri viventi, non differisce dall'animale se non perché possiede un'anima razionale, che è chiamata anche mente. Come, dunque, potrebbe essere sana una fede per la quale si crede che la sapienza di Dio ha assunto quello di nostro che abbiamo in comune con l'animale, mentre non ha assunto quello che in noi è illuminato dalla luce della sapienza, e che è proprio dell'uomo?.
Altri errori da superare. Cristo nacque dalla Vergine Maria.
4. 9. Sono ugualmente da detestare coloro che negano che nostro Signore Gesù Cristo abbia avuto Maria per madre in terra. La sua missione ha reso onore ad entrambi i sessi, quello maschile e quello femminile, e ha mostrato come appartenesse a Dio prendersi cura non soltanto del sesso che ha assunto, ma anche di quello per mezzo del quale lo ha assunto, prendendo la natura dell'uomo e nascendo da una donna. Né ci deve indurre ad escludere l'apporto della madre di Cristo quello che da lui fu detto: Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora! 21 Voleva farci comprendere che, in quanto Dio non aveva madre, si preparava a mostrare la persona della maestà divina col mutare l'acqua in vino. Invece, per quello che riguarda la sua crocifissione, egli fu crocifisso in quanto uomo. E era quella l'ora che non era ancora giunta, quando fu detto: Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora, quella cioè nella quale ti riconoscerò. Fu allora infatti che, come uomo crocefisso, riconobbe sua madre nella sua natura di uomo e la affidò in modo del tutto umano al suo dilettissimo discepolo 22. E non spinga a pensare diversamente il fatto che, quando gli fu annunziata la venuta della madre e dei suoi fratelli, egli rispose: Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? 23. Ma piuttosto ci insegni quale è il nostro ministero, con il quale offriamo la parola di Dio ai nostri fratelli, e che non dobbiamo riconoscere i parenti, se la loro presenza ci è di impedimento. Se qualcuno, infatti, ritenesse che non abbia avuto una madre su questa terra per il fatto che disse: Chi è mia madre?, dovrebbe essere costretto anche ad escludere che gli Apostoli abbiano avuto dei padri in questa terra, poiché li ammaestrò dicendo: Non chiamate nessuno 'padre' sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello che è in cielo 24.
4. 10. E non indebolisca in noi questa fede il pensiero che sia nato da viscere femminili, di modo che sembri che una siffatta generazione, poiché è ritenuta spregevole da uomini spregevoli, si dovesse evitare a nostro Signore. Non per nulla, infatti, l'Apostolo dice in modo molto giusto: Ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini 25 e tutto è puro per i puri 26. Coloro che la pensano così dovrebbero dunque osservare i raggi di questo sole, che di certo non considerano come una creatura di Dio ma che adorano come Dio stesso: vedrebbero che essi si diffondono dappertutto sopra i fetori delle cloache e su qualunque oggetto ripugnante, operando secondo la propria natura e senza restarne affatto contaminati, malgrado che la loro luce visibile sia per sua natura in più stretta relazione con le lordure visibili. A maggior ragione, dunque, il Verbo di Dio, che non è né corporeo né visibile, non poteva essere contaminato col nascere da un corpo femminile, nel quale, insieme all'anima e allo spirito, aveva assunto la carne umana, congiunzione che comunque non vieta alla maestà del Verbo di abitare ben in disparte rispetto alla fragilità del corpo umano! Da ciò deriva con evidenza che in nessun modo il Verbo di Dio avrebbe potuto essere macchiato dal corpo umano dal quale non è macchiata la stessa anima dell'uomo. L'anima, infatti, è macchiata dal corpo non quando lo guida e lo vivifica, ma quando si abbandona al desiderio dei suoi beni mortali. Se, dunque, essi volessero evitare all'anima le macchie, dovrebbero temere piuttosto queste sacrileghe menzogne.
Morte e sepoltura del Signore.
5. 11. Ma sarebbe stata ben poca l'umiltà di nostro Signore se si fosse risolta nel nascere per noi: vi aggiunse anche che si degnò di morire per noi mortali. Umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce 27, affinché nessuno di noi, pur potendo non temere la morte, non avesse orrore di un genere di morte ritenuto dagli uomini sommamente disonorevole. Noi perciò crediamo in colui che fu crocifisso e sepolto sotto Ponzio Pilato: il nome del giudice andava aggiunto per l'individuazione delle date. In verità, quando si pensa a quella sepoltura, si evoca anche quel monumento sepolcrale del tutto nuovo, che doveva fornire la testimonianza della sua resurrezione ad una vita nuova, come il seno verginale lo aveva fatto per la sua nascita. Infatti, come in quel monumento sepolcrale non era stato sepolto nessun altro morto28 né prima né dopo di lui, così in quel seno nessuna creatura mortale era stata concepita né prima né dopo di lui.
Resurrezione del Signore.
5. 12. Crediamo anche che il terzo giorno egli resuscitò dai morti, primogenito dei fratelli che lo seguiranno e che egli adottò come figli di Dio 29, e si degnò di renderli suoi compartecipi e suoi coeredi.
Ascensione al cielo.
6. 13. Crediamo che è salito al cielo, in quel luogo di beatitudine che promise anche a noi quando disse: Essi saranno come gli angeli nel cielo 30, in quella città che è madre di tutti noi, la Gerusalemme eterna del cielo 31. D'altra parte, capita spesso che alcuni, o empi pagani o eretici, si urtino perché crediamo che un corpo terreno sia stato assunto in cielo. I gentili, per lo più, cercano di opporsi a noi con gli argomenti dei filosofi, sostenendo che è impossibile per un oggetto che appartiene alla terra essere in cielo. Ma questo avviene perché non conoscono le nostre Scritture e non sanno che fu detto: Si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale 32. Infatti, non è stato detto così come se il corpo si tramuti in spirito e diventi esso stesso spirito; poiché anche il nostro corpo attuale, per il fatto che è detto " animale ", non è stato tramutato in anima e non è diventato anima. Ma con corpo spirituale si deve intendere un corpo che è così sottomesso allo spirito da essere adatto per la dimora celeste non appena ogni fragilità e bruttura terrena si saranno trasformate e mutate in purezza e stabilità celeste. Questa è la trasformazione della quale parla anche l'Apostolo: Risuscitiamo tutti, ma non tutti saremo trasformati 33. E questa trasformazione avverrà non in peggio ma in meglio, come insegna ancora l'Apostolo quando dice: E noi saremo trasformati 34. Cercare però dove e come si trovi in cielo il corpo del Signore è una curiosità del tutto vana: si deve soltanto credere che è in cielo. Non si addice alla nostra fragilità dissolvere i segreti del cielo; invece si addice alla nostra fede coltivare sentimenti alti e nobili intorno alla dignità del corpo del Signore.
La sua glorificazione alla destra del Padre.
7. 14. Noi crediamo anche che siede alla destra del Padre. Non per questo, tuttavia, bisogna immaginare Dio Padre delimitato quasi in forma umana, di modo che a coloro che riflettessero su di lui venga in mente un lato destro o un lato sinistro; e neppure bisogna ritenere, per il fatto che si dice che il Padre siede, che lo faccia ripiegando i ginocchi, per non incappare in quell'atto sacrilego, condannato dall'Apostolo in coloro che hanno cambiato la gloria del Dio incorruttibile con l'immagine dell'uomo soggetto a corruzione 35. È cosa empia, infatti, introdurre simili rappresentazioni di Dio in un tempio cristiano; perciò lo è molto di più introdurle nel cuore, in cui risiede il vero tempio di Dio, se è purificato dalle cupidigie terrene e dall'errore. Quando, dunque, si dice " alla destra " di Dio si deve intendere nella suprema beatitudine, dove regnano la giustizia, la pace e la gioia; così come quando si dice che " i capri sono posti alla sua sinistra " 36, si deve intendere nell'infelicità a causa delle iniquità, che hanno procurato loro sofferenze e tormenti. Di conseguenza, quando si dice che Dio siede, non si allude ad una posizione delle membra, ma al suo potere di giudice supremo, di cui non è mai priva la sua maestà nell'attribuire sempre la giusta ricompensa secondo i meriti, anche se nel giudizio finale sarà il Figlio unigenito di Dio nel suo irresistibile splendore che apparirà molto più manifestamente davanti agli uomini, in qualità di giudice dei vivi e dei morti.
La seconda venuta del Figlio di Dio in vista del giudizio finale.

8. 15. Infine crediamo che ritornerà a tempo opportuno per giudicare i vivi e i morti. Con questi termini si possono intendere i giusti e i peccatori; ma sono anche chiamati vivi coloro che troverà in terra ancora in vita e morti invece coloro che risusciteranno al momento della sua venuta. Questa disposizione dei tempi non vale soltanto per il presente, come avviene per la sua generazione in quanto Dio, ma anche per il passato e per il futuro. Infatti nostro Signore fu in terra, ora è in cielo e apparirà nel suo splendore come giudice dei vivi e dei morti. Ritornerà, infatti, così come ascese al cielo, secondo la testimonianza autorevole degli Atti degli Apostoli 37. Di questa disposizione si parla nell'Apocalisse, dove sta scritto: Queste cose le dice colui che è, che fu e che verrà